Introduzione: Scossi – e adesso?

I dazi punitivi non devono essere la fine, ma l’inizio di un riposizionamento strategico. Possibili strategie per la Svizzera di fronte agli annunciati dazi reciproci dagli USA del 39%. Un commento personale e orientato alle soluzioni di Claudia Feusi

La Svizzera è stata colta di sorpresa dall’annuncio dei dazi reciproci USA del 39%. Malgrado il buon senso economico, un messaggio di potere politico colpisce duramente l’industria elvetica – proprio perché la Svizzera è fra le economie più aperte al mondo. Con un tasso medio dei dazi di solo l’1,7% e una fitta rete di accordi di libero scambio, rappresenta il commercio mondiale basato sulle regole. Ma questa apertura diventa una vulnerabilità. I dazi ingiustificati mettono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro nell’industria export. Eppure questo momento offre anche un’opportunità.

Negli scorsi mesi abbiamo sviluppato numerose strategie aziendali, per esempio: Oggi desidero esprimermi in modo orientato alle soluzioni sulle possibilità politiche.

Perché ciò che inizia come una misura punitiva unilaterale può costringere la Svizzera a un riposizionamento strategico – più coraggioso, diversificato, sovrano. Ora si tratta di non gestire solo le perdite, ma di plasmare il futuro: come può la Svizzera ripensare sotto pressione geopolitica – senza rinunciare ai propri principi.

Analisi dello stato attuale

Il peso economico della Svizzera con gli USA è notevole: oltre 300 mld CHF di investimenti diretti, circa 500’000 posti di lavoro creati negli USA, salari più alti rispetto a ogni altro datore di lavoro straniero e un surplus strutturale USA nel commercio dei servizi di oltre 20 mld CHF annui.

In aggiunta: il 17,3% del PIL svizzero proviene dall’export di beni. Nel 2023 gli USA sono stati il mercato di sbocco più importante per i prodotti svizzeri – pari al 6,1% del PIL, tre volte la quota della Cina. La prosperità svizzera dipende quindi in misura eccezionale dal commercio mondiale regolamentato – ed è proprio questo che diventa ora una questione di potere.

Settori particolarmente colpiti dalla disputa doganale sono l’industria chimico-farmaceutica, responsabile di oltre la metà dell’export svizzero di beni. Seguono la meccanica e l’elettronica con circa l’11%. Anche nei servizi, la Svizzera è forte: licenze software, marchi e servizi di ingegneria fanno del paese un fornitore globale di riferimento. Molto è ancora incerto, ma il messaggio è chiaro. Anche se il vento può cambiare, bisogna prepararsi allo scenario peggiore.

Un rischio rilevante – il più grande per la Svizzera – deriva dagli eventuali forti dazi minacciati sui prodotti farmaceutici. L’importante industria farmaceutica è sotto un’indagine Section 232. (Trump ha parlato di un tasso del 200% nei prossimi anni, l’India paga già dal 1.8 il 40% su vari generici, anche nell’UE il 15% è in discussione). Al contempo circolano minacce di riduzione dei prezzi dei farmaci anche per i produttori svizzeri negli USA.
KOF pubblica in merito, cito:
  • Se si applicasse un dazio del 39%, si dovrebbe prevedere un calo del PIL di almeno lo 0,7% e perdite di reddito medie di circa 700 CHF per persona all’anno.
  • Con un dazio del 10% sui farmaci: si prevede un calo del 0,3% del PIL, con costi medi di quasi 300 CHF annui per ogni cittadino svizzero.

Reazioni a breve termine: non ritorsione, ma rafforzare il profilo

Ritorsioni conformi all’OMC, come tasse specifiche su servizi o prodotti USA, sono ipotizzabili ma non si adattano all’identità di politica economica estera della Svizzera. Non esercitano pressione su Washington né migliorano lo scenario strategico. Nel farmaceutico serve quindi un impegno d’investimenti negli USA, ma cosa ancora?

Rafforzare il polo svizzero nei settori tech promettenti e tutelare l’innovazione locale

La Svizzera non deve puntare solo sulla promozione export, ma comunicare proattivamente i propri punti di forza: tasse aziendali interessanti, condizioni stabili, posizione centrale, forza innovativa. Anche investitori e aziende USA si attraggono non con misure di pressione, ma con incentivi positivi.

Esempio: La nostra ricerca e innovazione sono ai vertici mondiali: la Svizzera investe pro capite tra i valori più alti in R&S (oltre il 3% del PIL), conta oltre 20 università e atenei di fama internazionale e guida regolarmente i ranking sull’innovazione.

La Svizzera è indiscutibilmente leader come nazione deep-tech: innovatori da ETH, EPFL e altre istituzioni hanno creato imprese come Climeworks, ID Quantique, Oxyle o LatticeFlow, con vasta risonanza e finanziamenti internazionali. Il loro valore globale supera i 100 mld USD. Ma molte exit – come Calypso Biotech o Viventis Microscopy – sono avvenute all’estero. Sono spesso state acquisite da multinazionali straniere.

Tra il 2019 e il 2025 il 60% del venture capital totale è confluito nel deep tech; fino al 96% dei finanziamenti successivi è stato guidato da investitori stranieri – per lo più dagli USA.

La sfida non è più solo promuovere l’export. Molto più importante ora: Come trattenere in patria questi prodotti del futuro creati dalla nostra ricerca d’eccellenza? Proprio queste innovazioni sono il nostro futuro economico – in un mondo che cambia tecnologicamente in modo radicale. A Dübendorf si produrranno in futuro chip: un luogo chiave per il futuro della Svizzera.

Per consentire crescita a questi prodotti e imprese in Svizzera servono anche condizioni snelle e favorevoli all’innovazione. L’UE si impegna in regolamentazioni minuziose su IA – non dobbiamo copiarle troppo restrittivamente. Il vantaggio svizzero è stato sempre pragmatismo e agilità – cruciale ora: Chi pianifica l’autostrada prima di avere le auto, resta indietro. Serve prima il movimento – poi la direzione. Il nostro vantaggio normativo è anche il nostro vantaggio competitivo. Ora va sfruttato attivamente.

Diversificare e pensare in modo ampio

Ora è più importante che mai la diversificazione strategica dei mercati export. Esplorare nuovi mercati. La Svizzera è pronta con diversi nuovi accordi di libero scambio: L’apertura verso ASEAN e l’America Latina è fondamentale se altri mercati si chiudono.

CPTPP e Svizzera come leva strategica

Sottolineo anche il possibile accesso alla CPTPP: la Svizzera ha già accordi di libero scambio con molti paesi dell’area. L’uniformazione degli standard, anche con qualche compromesso, amplierebbe molto il margine d’azione elvetico nel Pacifico. Considero il tema particolarmente rilevante,

I nuovi accordi e quelli modernizzati non sono fini a se stessi, bensì protezioni strategiche. Riducendo dipendenze, aprono accesso a mercati in crescita:

Basta guardare agli accordi esistenti per cogliere l’efficacia del libero scambio: Dallo JEFTA Svizzera-Giappone il traffico bilaterale di merci è cresciuto del 51% dal 2009. Nel primo semestre 2025 si è arrivati a 8,0 mld CHF – oggi il Giappone è il decimo partner commerciale elvetico.

Questo sviluppo mostra: Accordi mirati portano veri benefici – non solo simbolici, ma sostanziali.

UE: debolezza come rischio, vicinanza come dovere

L’UE è il principale partner commerciale svizzero – nonostante relazioni istituzionali bloccate. La stagnazione comporta rischi: erosione normativa, accesso diseguale ai mercati, isolamento nella ricerca.

Proprio per questo è prioritario finalizzare gli accordi bilaterali. Anche con difficoltà politiche ed economiche, l’UE resta fondamentale. Tuttavia, l’UE non ci salverà da sola. È significativo che nelle negoziazioni con USA e Cina consideriamo sempre le richieste UE, ottenendo spesso risultati peggiori. Forse è il momento di maturare anche in ciò:

Mi chiedo se non si debbano ripensare alcuni dogmi. Da un lato è cruciale mantenere sistemi giuridici snelli e indipendenti. Dall’altro non siamo un’isola: l’Europa è il cliente e fornitore principale, e un’Europa unita con regole simili resta imprescindibile.

Non va dimenticata la dinamica export indiretta: subiamo già la crisi dei mercati UE, ma anche come fornitori dell’industria UE esportatrice verso gli USA rischiamo di perdere attrattiva per potenziali dazi. Non si tratta solo di esportare negli USA, ma anche di fornire l’industria UE che esporta negli USA.

Il fattore Cina: cogliere le opportunità – ma con una bussola

L’accordo di libero scambio con la Cina del 2014 ha fatto della Svizzera un apripista in Europa. Oggi la Cina è il terzo partner più importante – specie per meccanica, orologi, farma. Ma i rapporti sono tesi: tra le tensioni geopolitiche USA-Cina la Svizzera deve trovare una linea propria, salda nei principi ma pragmatica.

Anche l’UE ha idee chiare sul nostro ruolo in questo contesto. Ma la cooperazione con la Cina non deve essere né ingenua né ideologica, ma strategica e autonoma. Proprio in tecnologia, produzione e IA la Cina è potentissima – sarebbe sbagliato chiudere a priori queste opportunità.

Invece di cadere in una logica a somma zero, può essere più fruttuoso collaborare in modo proattivo e intelligente – economicamente e geopoliticamente.

La vera sfida: come far fronte contemporaneamente alle richieste di USA, UE e Cina? Sembra una partnership aperta dove ognuno detta cosa possiamo fare con l’altro. Alla Svizzera serve ora sovranità strategica – una rotta chiara e autonoma tra i blocchi.

L’apertura oggi richiede una politica estera solida – e chiarezza nel dialogo con tutti.

Nuovi approcci alla promozione export

Alla politica di sede strategica va affiancata la promozione export tramite incentivi diretti alle aziende, non solo alle organizzazioni. In tempi volatili molte aziende tagliano innovazione, formazione e consulenza – con impatti sull’export.
Qui non serve solo informazione, ma diffusione e sostegno delle opportunità già esistenti. Invece di concentrare tutto su prestazioni proprie delle associazioni, la promozione export dovrebbe aprirsi a fornitori agili e pratici come noi, che offrono e possono offrire strumenti, raccomandazioni e formati innovativi come e-learning gratuiti non solo informativi, ma mirati e orientati alla pratica. Idee e format innovativi vanno sostenuti e condivisi. Pensare che i consulenti doganali facciano fortuna con i dazi punitivi è fuori strada: condividiamo le informazioni gratuitamente.
  • Oggi la responsabilità dell’innovazione grava sulle aziende –  anche se il valore aggiunto per l’economia è diretto. La reintroduzione mirata di fondi pubblici per iniziative export innovative non solo rafforzerebbe il know-how vicino alle imprese, ma aprirebbe nuove forme di collaborazione – più rapide, settoriali e vicine alle aziende.
Le aziende vanno sollevate da costi in istruzione, supporto e consulenza, e progetti innovativi cofinanziati. Circa 10 anni fa un programma del genere esisteva già: è ora di riattivarlo.

Legittimità dei dazi punitivi USA come leva per solidarietà multilaterale

La reazione internazionale è forte.

La trasparenza e la legittimità dei dazi USA sono sempre più discusse – sia a livello globale che negli stessi Stati Uniti. Diversi membri OMC, tra cui Cina, Canada e UE, hanno avviato procedure per presunte violazioni di principi OMC come la clausola NPF e i tetti tariffari.

Anche negli USA cresce la resistenza legale: Nel maggio 2025 la U.S. Court of International Trade ha stabilito, in una sentenza fondamentale (V.O.S. Selections, Inc. v. United States), che alcune azioni esecutive doganali erano illegittime. L’applicazione dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) è stata giudicata inappropriata – gli squilibri commerciali non sono una "emergenza nazionale straordinaria". La legge non giustifica dazi generalizzati. Anche la Court of Appeals ha manifestato scetticismo in udienza verso questa interpretazione dell’esecutivo.

Questi sviluppi indeboliscono il diffuso racconto dell’inattaccabilità delle sanzioni USA o della loro copertura su interessi di sicurezza nazionale.

Cosa ne consegue per la Svizzera?

  1. Monitorare da vicino le evoluzioni legali La Svizzera dovrebbe seguire attentamente i procedimenti in corso negli USA e all’OMC per trarre lezioni strategiche, ad esempio per una posizione giuridicamente fondata.
  2. Rafforzare strategie di pressione multilaterale Con partner affini (UE, EFTA, Canada, Australia) va valutata un’azione coordinata: consultazioni OMC collettive, dichiarazioni comuni o iniziative diplomatiche sincronizzate.
  3. Impostare il racconto: diritto, non ritorsione A livello mediatico la Svizzera deve promuoverne la linea: nessuna ritorsione, ma rispetto della legalità internazionale. Ciò rafforza la credibilità oltre la disputa specifica – specialmente nella competizione geopolitica fra sistemi.
  4. Un "Gentlemen’s Club" per il commercio basato sulle regole? Sul medio termine la Svizzera potrebbe contribuire alla creazione di una rete informale di stati aperti al commercio e alle regole – magari nel contesto G21, EFTA, ASEAN, Cile, Corea del Sud o Singapore. L’obiettivo: stabilità, solidarietà e posizione comune contro pressioni extraterritoriali. Questo "Gentlemen’s Club" non sostituirebbe OMC o CPTPP, ma ne sarebbe complemento – con focus su solidarietà, trasparenza e vincoli giuridici.

L’Executive Order di Trump del 12 maggio 2025 – basta pazienza con Big Pharma

Con l’ordine esecutivo "Delivering Most-Favored-Nation Prescription Drug Pricing to American Patients", Trump aumenta enormemente la pressione – dopo mesi di colloqui senza esito. Non accetta più dichiarazioni d’intento: chiede tagli immediati ai prezzi.

Citazione Trump: “I nostri cittadini pagano prezzi enormemente più alti per la stessa pillola, dallo stesso stabilimento… Sussidiamo farmaci a buon mercato all’estero e paghiamo cifre esorbitanti in patria.”  L’obiettivo di Trump è chiaro:

• Fine delle differenze di prezzo tra USA ed Europa/Giappone/Canada

• Prezzi equi per i pazienti americani

• Meno profitti a spese dei contribuenti USA

• Pressione diretta sulle aziende che applicano prezzi differenziati a livello globale

Export di oro – un equivoco statistico con rischio politico

Le esportazioni massicce di oro dalla Svizzera agli USA sono in primis una costruzione finanziaria e logistica – non vero commercio. Distorgono le statistiche ufficiali sul commercio e fanno apparire il surplus svizzero artificiosamente più alto – un pretesto perfetto per gli USA. Le preoccupazioni dell’associazione dell’oro per possibili dazi non sono infondate: sebbene oggi escluso, il rischio politico resta.

Una soluzione sensata sarebbe un accordo bilaterale – idealmente con la BNS – per trattare statisticamente a parte i trasferimenti di oro, evitando che risultino deficit commerciali tecnicamente inesistenti.

Risposte di lungo termine: Sede, resilienza, fiducia in sé

La Svizzera deve rafforzare il proprio fondamento economico – non solo con fiscalità e formazione, ma anche con catene di approvvigionamento più resilienti, infrastrutture strategiche e incentivi per l’innovazione. In politica estera: fiducia strategica in sé, non solo reazione agli eventi.
La Svizzera può restare aperta senza ingenuità – e difendere i principi senza rigidità.

USA come "padre"? – Forse siamo già adulti

Devono davvero gli USA essere il nostro “padre” – o siamo già una piazza sovrana e finalmente adulta?

L’interdipendenza economica con gli USA non si discute: solo nel 2023 le esportazioni svizzere verso gli USA hanno superato i 56 mld USD; il volume commerciale bilaterale è vicino a 186 mld USD.

Ma molte di queste dipendenze sono storicamente cresciute, non create strategicamente. Quando mercati finanziari, cambi e perfino acquisti di titoli di stato si reggono decenni su questo impianto, è eredità del passato più che modello per il futuro.

Ora è il momento di diventare adulti – per l’Europa, con la Svizzera come capofila: una rotta autonoma e sovrana ci renderebbe più resistenti – anche a sorprese politiche come i dazi punitivi.

Anche se questi dazi sono dolorosi – preferisco affrontarli con dignità invece che con sottomesso accomodamento. Soluzioni ci sono sempre. Servono pragmatismo e diversificazione strategica – Europa, Asia, nuovi mercati. L’indipendenza non deve più essere solo buona educazione, ma diventare una forza strategica. Nel settore pharma pagheremo comunque un prezzo alto. Una volta fatti gli investimenti, non si torna indietro. Occorre sfruttare tutte le opzioni disponibili.

Conclusione: Sovranità attraverso un’apertura strategica

La Svizzera è stata colpita duramente dai dazi USA – ma ha anche strumenti a disposizione. Ora conta agire con sovranità, non reagire in modo istintivo:

  • Aprire nuovi mercati senza perdere quelli storici
  • Rafforzare la posizione Svizzera – tecnologicamente, legalmente, fiscalmente
  • Aprire la promozione export – idee nuove, nuovi partner e canali di finanziamento
  • Gestire il mercato cinese – non bloccarlo come rischio
  • Modernizzare i rapporti con l’UE – anche senza cadreto istituzionale
  • E: non rinunciare al mercato USA – ma attrarre nuove tech locali con la sede
  • Concessioni nel settore pharma.

La Svizzera non fa politica di potere – ma può fare politica intelligente. Deve dimostrare che apertura economica e forza strategica non sono in contraddizione. Anzi: sono due aspetti della stessa risposta sovrana a un nuovo scenario globale.